because I need to go with you.

28 luglio 2008

bruce springsteen - spirit in the night
foto di Yosi

partire per un lungo viaggio con gli amici fidati, quelli che sai non ti abbandoneranno mai.
10 anime sul palco, 70mila persone a braccia alzate li’ davanti ed in mezzo la musica che li unisce, le parole che li hanno fatti crescere.

quando bruce fa due date in fila nello stesso posto, devi sempre cercare di esserci, perche’ molto probabilmente se ne vedranno delle belle.
soprattutto se siamo a fine tour (almeno di quello europeo), con la band ben rodata ed il pubblico con la voglia di avere sempre qualcosa in piu’.
dopo due giorni cosi’ non hai molta voglia di scrivere o pensare, ma cerchi solo il silenzio assoluto per ricordare cosa e’ successo, rivedere i particolari, rivivere ogni momento..ora che e’ passata una settimana, e’ un po’ piu’ semplice.

due serate cosi’ diverse da sembrare distanti anni luce, due concerti in fila da tre ore ognuno che sembrano appartenere ad epoche e protagonisti diversi.
sabato sottotono, devo proprio dirlo.
sia chiaro, se entri allo stadio e ti guardi per la prima volta nella vita un suo concerto, ne rimani comunque affascinato e non vedi l’ora che la storia si ripeta.
o, forse, la colpa e’ del concerto di milano del mese scorso, siamo arrivati ad un punto talmente alto che sembra impossibile poterlo raggiungere di nuovo.
ma e’ stato un concerto normale, e per chi sa che normale e bruce sono due concetti non confrontabili, qualcosa di storto c’e’.
bruce moscio stasera, il commento piu’ ricorrente appena finito il concerto di sabato; secondo me, piu’ che bruce in persona, la scaletta ha fatto la sua (negativa) parte.
brilliant disguise e tunnel of love hanno ucciso il ritmo di un concerto che ha provato piu’ volte a decollare, dall’apertura con no surrender alla migliore candy’s room che abbia mai ascoltato dal vivo. ma questo tour ha preso una piega dove non sono previste soste di nessun tipo; via i pezzi lenti, e’ tempo di correre.
tolta magic (per quanto splendida) ormai da diverse date, questi concerti hanno l’anima rock dentro, costruita a dovere da quell’interprete di se stesso in piedi davanti al microfono. cosi’, quando prova a calmare le acque, capisci che c’e’ qualcosa che stona, qualche ingranaggio da far ripartire come si deve.
la presenza di una grande backstreets ed una grandissima jungleland salvano di brutto questo spettacolo, ma mentre le luci si riaccendono e la gente comincia a puntare verso le uscite, il pensiero va gia’ al giorno dopo, c’e’ un tour da chiudere.

fine del sabato. punto. tocca alla domenica.

dormire poco, mangiare di tutto a tutte le ore, ma c’e’ l’ultima data da onorare, un posto li’ davanti da conquistare.
pit, attesa sdraiati mentre lo stadio si riempe, tutto secondo previsioni.
poi si spengono le luci.

batteria. bruce e l’uomo grande che entrano a braccetto. lui alza la mano. roy fa cantare il piano. il pubblico alza la voce. lui aspetta il momento giusto.
One, two, three e giu’ in quella posizione da circo davanti a noi, la musica prima delle parole.
un concerto che inizia con 10th avenue non puo’ che partire in modo perfetto, e noi la cavalchiamo in pieno, quell’onda, senza sapere che ne usciremo, senza forze, solo tre ore dopo.
tutto di un fiato, neanche le soste per prendere quei cartelli-richiesta ormai un simbolo di questo tour, con max che non smette mai di picchiare sulla povera batteria che ha di fronte.
i primi 12 pezzi, tranne l’immancabile radio nowhere, urlo rock dei nostri giorni, non erano stati suonati la sera prima. no, neanche uno, cosi’ hai la sensazione che questo non e’ nient’altro che il continuo del concerto di ieri, le tre ore di sabato erano necessarie per scaldare gli strumenti.
bruce ha voglia di suonare. ha voglia del contatto con il pubblico, cosi’ sempre piu’ numerosi i pezzi dove si avvicina alla gente, si lascia toccare, scherza con loro. quando sta per partire mary’s place, nota un cartello un po’ strano, cosi’ si fa passare quell’asta con in cima un display luminoso che fa scorrere I’m going down down down. ci gioca un po’ e parte quel pezzo che fa venir giu’ lo stadio, un entusiamo che ci riporta indietro di oltre vent’anni, quando i pezzi di born in the usa hanno fatto ballare gli stadi di tutto il mondo.
ancora niente pause e via cosi’ fino ai bis, ancora stravolti rispetto alla sera prima, tranne per il finale, ormai classico, con twist and shout, come ieri con la famigliola quasi al completo sul palco.

ci rivedremo ancora la frase che le migliaia mani all’insu’ stavano aspettando, e va bene cosi’, quell’uomo ha troppa voglia di vivere il palco e resta difficile credere che un giorno scendera’ da la’ sopra.

alla fine scopriremo che la scaletta scritta prima del concerto recitava drive all night, forse sarebbe stato troppo per i nostri fragili cuori.

bruce springsteen. bruce springsteen e max weinberg. un pezzo di e street band. una voce su tutti. bruce springsteen e clarence clemons.

che il viaggio continui, c’e’ ancora tanto da scoprire.

mike.

parole da non dimenticare.
mi sembra opportuno citare alcuni fatti realmente accaduti in questa fantastica due giorni..

– lore: che lavoro fa il grani?
io: medico chirurgo
max: no medico, e’ cardiologo

– emma: stasera fa light of day
io: se fa light of day, ti pago una paella
ecco, devo una paella al bortolomeo.

– s. (rivolta ad un certo bruce): nun te ‘nventa niente, devi da fa’ drive all night

– sempre s. (stavolta rivolta ad un certo giordano) la sai fa’ drive all night?
giordano: no
s.: allora fatte da’ i spartiti da qualcuno e imparala
giordano: e da chi?
s.: nun lo so, scaricali da internet, fa’ come te pare..ma io la voglio senti’

– laste’: compro! vendo!! compro!!!

– io al grani appena entrato nel pit la seconda sera: sudi come bruce springsteen
grani: io non do per niente fastidio ai concerti a livello di sudore

– anonimo: voi siete qui a fare la pit lane?

– anonimo cabronico: cerchi un biglietto?
io: si, quanto vuoi?
anonimo cabronico: 800 euro
io: economico, ci viene anche lo stadio?

– elisa: mike lo vedi ai concerti sempre tutto preciso, non suda mai..come i francesi
io: i francesi?
elisa: si, non sei stato mai a parigi? li vedi in metro la mattina presto e la sera tardi sempre uguali..
angela: e’ vero, come i francesi!

– una 92enne alla stazione dei treni mentre cade piuttosto rumorosamente di fianco a noi: ah..ahhhh..ahhhhhhhhhhhhh!
max (mentre cerco di avvicinarmi e vedere come sta): andiamo via, altrimenti tocca abbatterla

– grani: stavolta ho fatto una puttanata
io e lore: cosa?
grani: lo so che non si fa, ma ho prenotato una camera all’hotel di bruce la sera dopo l’ultimo concerto. poi ho scoperto che bruce ha cambiato idea e dorme a 100 km da li’
io: sei quasi un pirla, pero’ dai..almeno ti vedi la band
grani: ecco, la band parte subito dopo il concerto
io: sei un pirla

– nils lofgren (estratto di un’intervista su billboard)
Credo che la band, musicalmente, sia nella forma migliore che abbiamo mai visto. L’intero show è una lunga improvvisazione. Talvolta [Springsteen] cambia la prima canzone mentre entriamo sul palcoscenico, e di solito la seconda canzone è chiamata a voce, quindi la setlist è inutile. è divertente far parte di qualcosa… dove il leader della band può fare molto per migliorarla e farla funzionare meglio.


3 Commenti a “because I need to go with you.”

  1. Elisa scrive:

    Credevo che a una settimana di distanza leggere un resoconto sarebbe stato molto più facile…ma invece, non è stato così. Appena cerco di ripensare a tutto quello che è successo (e che mi è successo) mi salgono le lacrime e mi viene la pelle d’oca… Sono stati giorni incredibili… Non so cos’altro dire…grazie…
    Eli

  2. mike scrive:

    beh,
    visto tutto quello che ti e’ successo in questi due giorni, difficilmente dimenticherai questi concerti 😉

    mike.

  3. Elisa scrive:

    Già… credo proprio che tu abbia ragione:-)
    Baci
    Eli

Scrivi un commento

Time limit is exhausted. Please reload the CAPTCHA.

 

Area riservata

Creative Commons LicenseQuesto/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons

micheleluconi.it utilizza Wordpress ed è nato grazie alla creatività di ilaria mauric, la pazienza di alessandro violini e la tecnologia di e-xtrategy.